TRANSCONTINENTAL RACE 2015

Transcont

Transcontinental è un nome che allo stesso tempo affascina e incute timore… ora posso dire che è veramente così.
Attraversare il continente europeo da soli, senza supporto, in totale autosufficienza… in bici… come può non incutere timore?!
Eppure 200 ciclisti da ogni parte del mondo sono partiti per radunarsi a Geraardsbergen, in Belgio, per prendere il via nella Transcontinental Race n. 3… TCR per gli amici.
Tra questo manipolo di avventurieri, si perché la maggior parte sono più avventurieri che “racer”, ci siamo anche io ed il mio amico Piero, iscritti tutti e 2 nella categoria SOLO (si poteva scegliere anche la categoria a coppie) decisi a portare a termine quest’avventura che ci porterà dal Belgio a Istanbul, passando per 11 stati e 4300 km di strada sconosciute.

Questi i dati della Transcontinental Race:

4300 km
40.000 m di dislivello
11 stati
In solitaria
In autosufficenza

Ti devi aggiustare insomma, il cronometro parte e non si ferma più fino al tuo arrivo a Istanbul. Pedala quanto vuoi, dormi dove vuoi, fai la strada che ritieni migliore, gestisci alimentazione e logistica, risolvi i problemi meccanici e arriva sano e salvo sul Bosforo.
Non esiste nemmeno un percorso ufficiale, ognuno fa la strada che per mesi ha studiato sulle cartine, su google maps oppure attraverso le foto satellitari…un lavoro enorme!

Eistono solo 4 punti di controllo in cui si è obbligati a passare:

Cp. 1 Mont Ventoux
Cp. 2 Assietta
Cp. 3 Vukovar
Cp. 4 Mont Lovcen

Bisogna portare con se tutto il necessario, e questo è stato uno dei tanti aspetti su cui ragionare. Osservando gli altri partecipanti penso di essermi portato troppo materiale al seguito eppure a ripensarci non saprei cosa lasciare a casa.

E’ praticamente impossibile pianificare esattamente quali saranno le tappe e dove fermarsi eventualmente a dormire perchè le variabili sono tantissime…guasti meccanici, situazioni climatiche avverse, crisi fisiche.
Io avevo solamente una lista di tutti gli hotel sparsi lungo la mia traccia per sapere in quali paesi avrei potuto trovare un luogo in cui riposare.

Tutte queste difficoltà rendono la Transcontinental unica, affascinante e spaventosa allo stesso tempo, e credo sia proprio questo che spinge me e altri “avventurieri” a cercare di portare a termine questa difficile impresa.

La parteza è fissata per la mezzanotte di venerdì sera dalla cima del mitico MUUR, il muro di Grammond, che tante volte è stato teatro di battaglie ciclistiche nel giro delle Fiandre…

Arriva la mezzanotte e arriva anche la partenza.

L’atmosfera viene resa ancora più suggestiva dalle fiaccole che sono state date al numeroso pubblico venuto a incitarci neanche fosse il giro delle fiandre.
Ci si avvia per il giro di lancio che ci riporta in città e ai piedi del MUUR viene dato ufficialmente il via.
Durante il giro di lancio incrociamo Andrej, nostro amico sloveno, che ci dice di usare le gambe ma soprattutto di usare TESTA e CUORE. Subito non capisco… ma più avanti capirò cosa intendeva Andrej.

Fin da subito la strada e il clima mi fanno capire che sarà dura…molto dura.
Le strade francesi sono un continuo sali-scendi e continuano il lavoro cominciato in Belgio…quello di massacrarmi le ginocchia.
Nel frattempo un’incessante pioggia ed il forte vento accompagna gran parte della prima giornata.

Faccio sempre fatica il primo giorno a prendere il giusto ritmo. Non sono abituato né a viaggiare di notte, né alle lunghissime distanze… allora perché fai la TCR direte voi?? Vero, una sfida nella sfida, una prova per specialisti affrontata da me che uno specialista non sono (ormai però posso quasi dire di esserlo), ma ho forse la caratteristica più importante in questo genere di sfide…credo fortemente nelle mie capacità e la testa qui è fondamentale per poter arrivare in fondo!

Sono convinto che dal 3°/4° giorno in avanti la distanza percorsa diventi allenamento ed il mio corpo sia sempre più “allenato” per affrontare la distanza mancante a raggiungere Istanbul…ed effettivamente così è stato. Stavo molto meglio fisicamente l’ultimo giorno piuttosto che il primo.

Ma andiamo in ordine…

Alla TCR dicevo che ci si deve aggiustare da soli, anche per quanto riguarda i guasti meccanici, e questo puntualmente succede anche a me.
Giunto nella regione della Borgogna rompo il secondo raggio secondo raggio della ruota posteriore dal lato della cassetta (quindi impossibile da sostituire senza togliere il pacco pignoni), il primo mi si è rotto poco prima di Lione e mi stavo recando in un negozio per sostituirlo ma purtroppo in Francia il lunedì i negozi sono tutti chiusi e l’unico che avevo trovato aperto si trovava a circa 100 km da Lione.
Rompo il secondo raggio e la ruota si deforma a tal punto da toccare contro il telaio trasformando la mia bici in un mulo che punta i piedi e non si muove più.

Punto, fine della storia…giochi finiti!
Penso che la mia Transcontinental race sia finita!

Invece no…facendo l’autostop con la mia ruota in mano nel tentativo di raggiunger il paese più vicino dove sembra ci sia un “magazin velo” – nel frattempo la bici l’avevo lasciata da un gommista – vengo affiancato dal mio angelo custode.. Christoph!
Si offre di aiutarmi e con lui giriamo tutti i negozi della zona che risultano tutti chiusi…tranne uno!
Ringrazio ancora adesso questo gentilissimo uomo francese che con il suo fedele cane Vic si sono comportati con me, uno sconosciuto, come avrebbe fatto il mio migliore amico.
Commovente, veramente commovente la sua bontà e disponibilità.

Perdo un sacco di tempo per risolvere il problema, ormai è pomeriggio e riparto in direzione Mont Ventoux, i cui piedi raggiungo verso sera.

Il giorno seguente parto verso le 4 di mattina per scalare il terribile Mont Ventoux con l’biettivo di arrivare in serata in Italia, al secondo check point di Sestriere.
Ora capisco l’origine del nome di questa incredibile montagna. Soffia un gran vento che si intensifica ancor di più negli ultimi 6 km, quelli che rendono famoso questo monte…la vegetazione scompare di colpo per lasciare il posto ad un paesaggio lunare.
Arrivo in cima, timbro di controllo, foto di rito e via verso il Sestriere che raggiungo faticosamente verso le 22:30 portando a termine una giornata durissima. alla fine saranno quasi 300 km per poco meno di 6000 m di dislivello.

A Sestriere inizia la parte italiana della TCR, la tanto temuta Strada dell’Assietta, uno sterrato di oltre 40 km, la strada militare più alta d’Europa che arriva a 2550 m di altitudine e con un fondo stradale assolutamente non adatto alle bici da corsa che noi utilizziamo.
Io mi sono attrezzato con una bici in acciaio (più comodo), una Salsa Colossal con copertoni Schwalbe Durano Plus imperforabili e di sezione larga da 28 mm…ma per i mateirali farò un post ad hoc in cui ne parlerò abbondantemente.

La Strada dell’Assietta e la discesa lungo il Colle delle Finestre, nonostante l’assoluta difficoltà le ata al fondo stradale ed all’altitudine, risulteranno per molti la parte più bella ed affascinante di tutto il percorso.

Il resto del percorso italiano lungo la pianura padana risulterà poi molto noiso e pericoloso legato all’inadeguatezza delle strade troppo strette ed alla grande mancanza di rispetto verso il ciclista dimostrato, aimè, proprio dai miei connazionali (sicuramente i peggiori incontrati in tutto il viaggio).

Nel frattempo giunto in veneto si rompe nuovamente un raggio della mia ruota posteriore così decido di sostituirla del tutto e per fortuna li vicino c’è il famoso neogozio dei fratelli Scavezzon che si dimostrano gentilissimi con me sostituendomi la ruota e facendomi rifocillare nel loro fornitissimo frigorifero.

Di lì in avanti non avrò più problemi meccanici seri, per fortuna.

Attraversare la Slovenia è stato un piacere. Questo paese si è rivelato un paradiso per i ciclisti, un vero e proprio polmone verde, con belle strade, spesso affiancate da larghe ciclabili.

La Croazia è una delle parti più facili di tutto il tracciato. Con lunghe pianure si arriva al terzo check point a Vukovar. L’unica difficoltà in questo territorio è la gestione dell’alimentazione perchè si attraversano zone molto remote e rurali in cui si rischia di non vedere nulla e nessuno per centiania di km per cui bisogna evitare di restare senza acqua e cibo.

Ripartito alla sera da Vukovar alla volta della Serbia finisco in una tempesta che mi farà avere veramente paura. Fulmini, tuoni, pioggia e vento il tutto nel NULLA…non una luce di un paese o di un lampione, tutto nero intorno a me…nemmeno un riparo se non un paese a circa 15 km, per cui decido di affrontare la tempesta per cercare riparo e cibo in questo paese. Questo è stato forse il momento peggiore di tutto il viaggio.

La Serbia viene attraversata in fretta per giungere nella bella ma severa Bosnia Herzegovina. Qui ripide e difficili salite portano a bellissimi altopiani dove pochi animali pascolano tranquilli…una vera alternanza di valli strette e amplissimi altopiani verdi.

I 500 km della Bosnia si sono rivelati molto impegnativi con circa 8.000 m di dislivello per arrivare ad uno degli spettacoli più belli di tutta la TCR…la baia di Kotor in Montenegro.

Per circa 100 km in Montenegro non si vede altro che rocce ed erba bruciata dal sole per poi buttarsi giù in discesa e vedere il mare infilarsi tra le montagne per andare a formare il fiordo più a sud di tutta l’Europa. Un paesaggio mozzafiato.

Dalla bellissima Kotor parte la lunga salita al Monte Lovecen, ultimo check point, che regala alla vista uno spettacolo emozionante.

Da qui in avanti inizierà a farsi sentire il terribile caldo di agosto con punte di 44° che metteranno a dura prova la permanenza in bicicletta e obbligandomi a soste forzate ad ogni stazione di servizio per poter avere acqua non bollente nelle borracce.

L’Albania si rivela un territorio in cui sembra il maggior interesse sia rivolto al lavaggio delle enormi auto (soprattutto tedesche) piuttosto che alla tantissima immondizia che si trova ovunque, lungo le strade, nei campi e lungo i fiumi.
L’attività commerciale principale infatti sembra proprio essere il “lavaz”, il lavaggio auto che va ad affiancare l’attività prevalente dalla Croazia fino alla turchia… la vendita di angurie e meloni lungo le strade.

Per arrivare in Grecia, attraverso la Macedonia, bisogna però affrontare le montagne albanesi rivelatesi durissime e impegnative. Per fortuna gli albanesi avevano sempre un sorriso ed un incitamento per noi ciclisti che eravamo visti come una rarità, come qualcosa di strano.
Come quando i nostri nonni andavano ai passaggi a livello per veder passare quegli strani mezzi di trasporto chiamati treni e a salutare i loro passeggeri.

Arrivato in Grecia mi danno subito il benvenuto 2 cani pastori che mi attaccano e mi costringono a fare uno sprint ai 40 km/h trasformandomi in un piccolo Cavendish.
Purtroppo d’ora in poi gli attacchi di cani randagi saranno sempre più soventi.

Dalla bella Grecia in cui si pedala in mezzo al profumo delle pesche o delle olive e in riva al mare, dove ho visto una delle più belle albe della mia vita, si giunge in Turchia in cui a farla da padrone, oltre al gran caldo, sono sicuramente il terribile traffico ed i pericolosi branchi di cani randagi.

Da subito si pedala su una un’autostrada con pochissimo traffico ed un’ampia corsia d’emergenza per le bici, ma man mano che ci si avvicina a Istanbul il traffico aumenta ed iniziano anche i lavori ed i cantieri lungo questa autostrada.

Iniziano anche i cambi di corsia per lavori che si hanno sulle nostre autostrade, il problema è che io sono su una bicicletta e dietro di me arrivano auto, pullman e TIR.

Più avanti, verso Silivri, scompare anche la corsia d’emergenza e ci si trova letteralmente schiacciati sul guardrail per poter schivare le auto.
Addirittura quando, attraverso il mio fantastico specchietto montato sul casco, vedevo arrivare qualcosa di “grosso” tipo pullman o camion mi spostavo in mezzo alla corsia per essere sicuro di essere visto. Meglio una strombazzata di clacson che un sorpasso troppo ravvicinato da parte di questi bestioni.

Lasciato il traffico autostradale ritrovo il mio amico Piero, pensare che l’ho visto il primo giorno e poi agli ultimi 50 km, dopo 4200 km, ha dell’incredibile…ma forse doveva proprio andare così, partiti insieme arrivati insieme ma il viaggio è un qualcosa di personale e quindi va fatto da soli.

Gli ultimi km sembrano pochi, Istanbul sembra ormai alle porte, ma non è così!
Chi ha concluso la TCR lo scorso anno ci aveva messo in guardia…”occhio che gli ultimi 100 km sono i più difficili, arrivateci freschi e lucidi…”.
Effettivamente la strada ha molto dislivello, con salite brevi ma molto ripide e man mano che ci si avvicina a Istanbul il traffico si intensifica…e qui il traffico è un qualcosa di impressionante!
Passiamo in paesini carichi di un’atmosfera “particolare”, dove all’imbrunire il richiamo del Muezzin diffuso ad alto volume dagli altoparlanti si fonde con l’ululato dei cani randagi…e vista la situazione io ho un pò di brividi.
La strada scorre lenta ma a Istanbul ci arriviamo di sicuro!

Purtroppo però finiremo in mezzo alla temuta foresta proprio nell’orario peggiore…con il buio delle 22…ma ora siamo noi il branco!
Sì perché sembra che questa fantomatica foresta sia infestata da branchi di cani randagi che, la sera, tendono ad attaccare i ciclisti…e noi quando ci passiamo? LA SERA!
Ci ricompattiamo per affrontare la foresta che inizia quando scompaiono le luci…d’un tratto sparisce il tentacolare traffico e spariscono i lampioni…e ci troviamo nella foresta.
Avanziamo come nella scena finale del film UCCELLI di Hitchcock…avete presente quando i protagonisti avanzano tra gli uccelli con la tensione palpabile del poter essere attaccati da un momento all’altro?
Quelli eravamo noi, o almeno lo ero io che tra tutti ero forse il più timoroso di questi cani, nonostante io adori i cani…ad ogni curva c’erano dai 5 ai 10 cani tutti di ragguardevole stazza che ci abbaiavano, ci studiavano, pronti a scattare al nostro minimo accenno di fuga…e quando ne parte uno di loro partono tutti.
Ma noi siamo saliti impassibili, come se non che ci fossero…non li guardavamo neppure per non illuminarmi con le luci montate sul casco.
Insomma…passiamo indenni la foresta!
Siamo fuori! Nemmeno un attacco!

Mi rilasso…ormai è FATTA!

Arriviamo sul Bosforo…ci separano solo più 10 km di strada lungo la costa.
Facciamo attenzione al traffico e dopo pochi minuti vediamo il mitico ponte che unisce l’Europa all’Asia, che di notte è illuminato da luci che cambiano continuamente colore…ed è uno SPETTACOLO!

Sì perché poche centinaia di metri dopo il ponte sappiamo esserci il tanto atteso ARRIVO della  TRANSCONTINENTAL RACE.

Sembra quasi impossibile ma questa avventura volge al termine alle 23:30 (ora locale) dopo 15 giorni e 22 ore e 33 minuti.
Bellissimo è stato anche trovare tutti i ragazzi dell’organizzazione al traguardo ad attenderci festosi…e naturalmente…fiumi di birra per festeggiare!

Ragazzi che avventura incredibile, un insieme di emozioni devastante…da quelle bellissime di gioia, di meraviglia e di libertá e quelle legate alla paura dell’essere soli nella tempesta, alla solitudine, al terrore del traffico e dei branchi di cani randagi.
Ma tutto questo è la TCR…mai fatto nulla del genere prima…qualcosa di unico.

Il fatto che dei 175 ciclisti al via siamo arrivati circa in 80, meno della metà, vi fa capire la difficoltà della TRANSCONTINENTAL RACE.

Il gruppetto de “gli italiani” festeggiano dopo il traguardo 😉

Questa l’attrezzatura utilizzata:
Bici: SALSA COLOSSAL STEEL
Borse: sottosella, framebag e da manubrio made in Italy by MISS GRAPE DESIGN
Mozzo: dinamo per freni a disco Shutter Precision
Luce: Bush&Muller Lumotec Luxos con uscita USB per caricare i vari device
GPS: GARMIN DAKOTA 20
Action camera: GARMIN VIRB

One thought on “TRANSCONTINENTAL RACE 2015

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