ultraciclyng dolomitica

ULTRACYCLING DOLOMITICA – La gara

Ci siamo!

Oggi è il giorno della partenza!

Con il senno di poi posso dire di essere stato veramente un folle a prendere parte ad una delle gare più dure e estreme al mondo con quel poco di allenamento che avevo nelle gambe…contando i 2200 km del Giro delle Repubbliche Marinare non arrivavo nemmeno a 7000 km…TROPPO POCHI per affrontare una sfida del genere.

Ho sempre sostenuto che il muscolo più importante sia la testa, ma con 16000 m. di dislivello positivo da fare NO STOP le gambe giocano un ruolo fondamentale.

La salita è sempre stata il mio punto di forza, ma un conto è fare una granfondo da 100 km, anche con 3000 m D+, un altro è fare 16 passi dolomitici e 16000 m D+ senza sosta…PAZZO!

Ma naturalmente questo è il “senno di poi”, che per fortuna arriva sempre dopo aver portato a termine avventure folli come questa 😉

La zona partenza è allestita in grande stile con tanto di arco gonfiabile, musica, speaker e pedana di partenza in stile cronometro. Si parte singolarmente ogni 3 minuti con una breve presentazione e relativa intervista da parte dello speaker…emozionante.

dolomitica 18

Preparo la bici, sistemo il cardio ma mi accorgo che la fascia che mi ero portato era incompatibile con il cardio prestatomi dal mio amico (il mio era in assistenza)…dannata evoluzione che rende incompatibili i modelli precedenti…questo è stato un inconveniente non “da poco” perchè mi avrebbe fatto capire che nella prima salita stavo andando troppo forte – l’avrei pagata con tutti gli interessi più avanti.

ultraciclyng dolomitica

 Uno dopo l’altro partono i miei compagni di avventura, i nomi più blasonati come Diseviscurt, Bruseghin (proprio il Marzio famoso professionista e Di Felice, probabilmente il più forte ultracycler italiano, partiranno per ultimi e finalmente tocca a me.

Salgo sulla rampa, nelle casse esce la bellissima Thunderball degli ACDC,  breve presentazione e intervista e…3…2….1…..VIA!!!

ultraciclyng dolomitica

ultraciclyng dolomitica

Parto forte e dopo pochi km vedo già uno davanti a me e penso, “cavolo gli ho già recuperato quasi 3 minuti”, mi avvicino sempre di più finchè scopro di essere fuori traccia e che quello davanti non è un ciclista in gara!

Iniziamo bene! Inversione a U e torno sulla traccia corretta…solo qualche minuto perso.

Una trentina di km di avvicinamento al primo colle, il piccolo Mortirolo come lo hannp chiamato chi lo ha provato, ma io lo prendo forte e mi trovo in cima molto prima del previsto superando un sacco di concorrenti…ho pensato bene, se sono tutte così andiamo bene!

Ma poi è iniziata la seconda salita, quella che arrivava sul mitico Monte Grappa con passaggio dal Monte Tomba.

La salita inizia subito in modo molto cattivo con pendenze superiori al 10%, dopo qualche km chiedo ad un tifoso quanto durasse ancora questo Monte Tomba e lui mi rispose…”non hai ancora visto niente”…OK avevo capito tutto!

Il Tomba è stato aspro ma gli ultimi km del Monte Grappa sono stati veramente cattivi! Difficili anche da fare in auto…figuriamoci in bici!

Arrivo in cima al Monte Grappa e mi godo per qualche istante il magnifico panorama e poi via, a cercare un pò di recupero in discesa.

Il successivo passo è il Brocon, molto lungo ma scorrevole e senza problemi…arrivo in cima e pioviggina, mi sistemo per la pioggia e scendo, pronto per affrontare uno dei Mostri di giornata…il passo Manghen!

Il Manghen è lungo, molto lungo…23 km con 1670 m di dislivello e gli ultimi 7 km regolarmente intorno al 10%.

Ormai è sera, è buio, piove ed inizio ad aver fame!

Per fortuna verso metà della salita c’è una trattoria dove ci fermiamo e facciamo un’abbondante cena. Quanto ero disorganizzato, dovevo aspettare i locali per mangiare…alla prima ultra ci sta un pò di disorganizzazione 😉

Continua a piovere ed il Manghen continua a salire, lungo la strada incontro Michael che saliva a luci spente, ci scambieremo la posizione per parecchie volte durante questa avventura.

Arrivo in cima al Passo a 2000 m. tra pioggia e nebbia intorno a mezzanotte, salgo in auto a vestirmi per la discesa e via, giù verso la Val di Fiemme.

La discesa è incredibile, da favola, una stradina asfaltata in mezzo a conifere altissime…la luce della bici crea un effetto magico sugli alberi…o forse è la stanchezza che comincia a farsi sentire.

Arrivo in val di Fiemme e si ricomincia a pedalare verso la fata delle Dolomiti, Moena, dove comincia il passo successivo, il San Pellegrino.

Arrivo ai suoi piedi verso le 02.00 e salgo con calma, senza grosse difficoltà, ma i problemi emergono alla fine della discesa verso Falcade. Nell’ultimo tratto sento entrarmi nelle ossa un’umidità ed un freddo che mi impediscono addirittura di tenere diritto il manubrio tanto tremo…non riesco a continuare.

Mi fermo.

Entro in auto, sparo il riscaldamento al massimo, ma non basta. Non riesco nemmeno a mangiare.

Rimango 30 minuti in questo stato ma niente…non mi scaldo.

Decido di scaldarmi pedalando e riparto.

I primi km ho ancora freddo ma poi, piano piano, riesco a scaldarmi e mi avvicino ad uno degli altri Mostri che mi attendono…il  Passo Fedaia e la temuta Malga Ciapela.

Prima di affrontarlo però mi godo un bellissimo passaggio intorno al lago di Alleghe che mi allieta un pò la fatica.

E’ ancora buio, il Fedaia è il 7° passo, 15 km e gli ultimi 6  costantemente tra il 10 ed il 16% di pendenza, salgo ma non ho grandi ricordi dei primi km, mentre ho brutti ricordi di quando trovo la temuta Malga Ciapela che indica l’inizio del terribile rettilineo dalla pendenza del 15%…inizia ad albeggiare e questo, per fortuna mi permette di godere dello spettacolare “accendersi” delle dolomiti della Marmolada, ma per “sfortuna” mi fa vedere questo muro lunghissimo che si erge di fronte a me.

Sono stanco, ormai sono 20 ore che pedalo e questo muro è veramente duro. Combatto per non mettere giù il piede ma metto da parte l’orgoglio e mi fermo un attimo…non sono nemmeno a metà dell’avventura, meglio non esagerare.

Mi godo lo spettacolo e riparto. Arrivo in cima al Fedaia, contento di averlo concluso e penso solo alla colazione che farò a Canazei di li a poco.

Arriviamo a Canazei proprio per l’apertura di un bar ed ordino 2 cappuccini e 2 croissant ma mi accorgo che non riesco a mangiare nulla di solido…cavolo ho lo stomaco bloccato!

Bevo i cappuccini e parto per il Pordoi che dovrebbe essere più dolce del Fedaia, ed in effetti lo è. Il suo andamento regolare e mai troppo ripido mi fa riprendere un pò ed arrivato in cima, faccio un paio di foto e riparto alla volta di Arabba.

La bella discesa scorre via veloce, persino troppo, e si ricomincia a salire lungo il Campolongo, che dall’altimetria dovrebbe essere il più corto e semplice di tutti, ed in effetti così si rivela…purtroppo però il mio team sbaglia strada proprio ai piedi di questo passo ed io salgo senza acqua nè viveri.

Riesco a contattarli arrivato in cima e ci diamo appuntamento ai piedi del Passo Valparola. Finalmente ci ritroviamo e provo a mangiare una fetta di bresaola, ma dopo averla masticata per 10 minuti la sputo…bruttissimo segno.

Riparto, le forze sono ormai pochissime ma nonostante ciò arrivo in cima al bellissimo Valparola e mi butto in discesa per affrontare uno dei mostri di giornata, il passo Giau.

Inizio la scalata al Giau ma mi accorgo che no và…dopo poco più di un paio di km mi fermo con la scusa di andare in bagno. Quando qualsiasi motivo è buono per fermarsi è la testa che ti sta dicendo che ormai il corpo se nè già andato da un pezzo, ed anche la testa sta vacillando.

E’ una bellissima salita che io affronto con varie soste, gli ultimi 2 km mi sono sembrati eterni, sostenuto solo dal fantastico paesaggio che circonda il passo.

STREMATO…questo è l’aggettivo che descrive meglio il mio stato quando arrivo in cima ai 2230 m del Passo Giau.

Sono ormai più di 400 km e circa 26 ore che pedalo senza sosta, ma la cosa più grave è che sono troppe ore che non riesco a mangiare nulla di solido, praticamente dalla cena sul Manghen, ed erano le 22…quasi 15 ore prima…una follia!

Inizio la discesa verso Selva di Cadore ma mi accorgo di non essere più lucido! Vedo la curva, il cervello dice di curvare…ma il corpo reagisce in ritardo…troppo in ritardo. La cosa inizia ad essere pericolosa.

Vado in discesa come se avessi appena tolto le rotelle, con l’unico obiettivo di arrivare in fondo e fermarmi in un bar per cercare di mangiare qualcosa e riprendermi.

Arrivato nel primo bar gelateria mi viene voglia di mangiare un gelato…nel frattempo tremo per il freddo, sembra impossibile ma con quel tremore mi viene voglia solo di mangiare un gelato dai gusti assurdi…gusti del tipo pesca e anguria!

Ecco come ci si riduce per la stanchezza :-) Comunque sia riesco a mandare giù il gelato poi chiedo al mio team di farmi riposare 30 min in auto…che diventeranno circa un’ora!

Riparto ma non sto sulla bici…barcollo…mi fermo…riparto…e barcollo di nuovo. Ho anche una fortissima nausea. Faccio un km e….BASTA!

MI BUTTO SU DI UN PRATO! Era il prato con l’erba più morbida del mondo! Era così bello stare lì sdraiato a guardare le nuvole sopra di me nella bellissima valle del passo Staulanza. Arrivano i miei amici del team, parliamo un attimo e, dopo aver cercato di analizzare le mie possibilità di conclusione della gara, giungiamo alla terribile decisione…ci penso e decido di FERMARMI E ABBANDONARE.

Dispiaciutissimo dico ai ragazzi di preparare l’auto per caricare la bici poi….l’ORGOGLIO mi spinge almeno ad avere un punto di riferimento del mio ritiro…dov’ero? Dove mi sto ritirando? Voglio almeno poter dire esattamente DOVE mi sono ritirato.

Dico che riparto, ma solo per arrivare in cima allo Staulanza, Gianni e Eros subito non capiscono poi spiego loro la mia intenzione e visto che l’auto era veramente incasinata ho detto loro…” mentre sistemate l’auto per caricarmi io cerco di arrivare in cima al Passo e poi torniamo in Hotel e andiamo a dormire”.

Dentro di me però girava una frase dettami da Gianni e che mi ha dato la forza per dar retta all’orgoglio…”la prossima volta però torniamo più preparati…non sulla distanza ma sul dislivello”….dislivello?!! Ma io sono uno scalatore, come posso essere impreparato a scalare le salite??!!

Riparto e la nausea è diminuita, incontro i membri di un team che vedendomi in crisi mi incitano – questo è il clima dell’evento…almeno nelle retrovie – ma dico loro che sto per ritirarmi, vengo superato da un altro ultracycler e lo lascio andare un pò avanti per non prendere la scia (è vietato), e noto subito che riesco a tenere il suo ritmo.

Sembra che le forze, derivanti da quel gelato che mi ha provocato quasi una congestione, stiano tornando e incredibilmente riesco ad arrivare facilmente in cima al passo Staulanza.

Lo stesso equipaggio che mi ha incitato mi suggerisce come reagire e ritrovare le forze per non ritirarmi ed il segreto è…..Coca Cola!

Mezzo litro al colpo per alzare il picco glicemico e brevi sorsi ogni 10 min per non farlo scendere troppo, dopodichè cercare di mangiare qualcosa tra un sorso e l’altro per darmi energia e appena possibile farmi un piatto di pasta.

Chiamo Gianni e Eros che nel frattempo non erano ancora arrivati…

Dove siete???!!!

Tranquillo stiamo arrivando…

Fate in fretta!!! Portatemi il giubbotto perchè continuo e devo andare in discesa e fa freddo!

Cosa??

Il giubbotto!!

Sei SCEMO??!!

No no…STO MEGLIO! CONTINUO!

Sei MATTO! Non riesci a stare in piedi e devi affrontare una brutta discesa! Io non mi assumo nessuna responsabilità!

Dai fate in fretta!

Arrivano e vedono che ormai ho deciso e sono convinto..mi appoggiano e mi fanno ripartire.

In discesa mi sento un’altro rispetto a poco prima, sono vigile e determinato!

Arrivo in fondo alla discesa e attacco il passo Duran come se fossi appena partito! Il primo km con pendenze ben oltre il 10% lo affronto in piedi sui pedali!

Mi sento come se fossi appena partito! Cosa riesce a fare la TESTA!

Sento che devo fermarmi a fare pipì ma non lo faccio per non perdere il ritmo…al massimo mi fermo in cima al passo….cosa dicevo prima sulle scuse che si trovano per fermarsi??

Arrivo in cima al Duran gasatissimo! Sto bene e ormai nulla mi fermerà…l’obiettivo delle 35 ore è ormai sfumato ma devo arrivare entro le 40!

Arrivati nella zona di Belluno cerchiamo un ristorante per mangiare…un ristorante??!! Ma è un’ultracycling! A pensarci adesso mi rendo conto proprio della nostra inesperienza..ma il bello è stato anche questo.

Troviamo una pizzeria e perdiamo più di un’ora per mangiare un piatto di pasta…inizia ad essere buio…ed è tardi!

Gli ultimi passi sono meno “famosi” dei precedenti ma sono decisamente impegnativi!

L’Alpe del Nevegal ha muri con pendenza che si avvicinano al 20%!!!! Abbasso addirittura la luce e la punto sula ruota anteriore per evitare che vada ad illuminare quel muro che mi si staglia di fronte! Durissimo!!!

Ci siamo…è arrivata l’ultima fatica…la Forcella Aurine…sembra relativamente facile ma è strana…sono circa 25 km ma irregolari.

Si sale e si scende, e ci sono 4 km centrali molto duri oltre il 10%.

Effettivamente è proprio difficile da interpretare, ma ormai ci siamo…è buio, salgo molto bene, riprendo anche un paio di concorrenti, sembra sempre di essere arrivati in cima e invece non si scende mai.

Finalmente arrivo in cima e mi butto in discesa soddisfatto..assaporando già la gioia del traguardo. Non si salirà più! Solo discesa!

….e infatti…SBAGLIO STRADA!

Tiro dritto al primo bivio e me ne accorgo un pò dopo…PORCAPUTT….!!!

Facciamo inversione a U e riprendo a salire per tornare sul tracciato…rientro sulla traccia e inizio la discesa…interminabile…lunghissima…ormai non riesco a tenere più la testa in alto. I muscoli del collo non ce la fanno più. Assumo posizioni strane in discesa per poter tenere la testa alta e guardare avanti. Vedo le luci di Cordigliano, dove è posto l’arrivo, ma sembra che non si avvicinino mai…eppure sto scendendo, ma sembrano sempre alla stessa distanza. Saranno effetti dovuti alla stanchezza e al sonno.

Effettivamente anche la discesa termina ed ormai mancano solo una manciata di km pianeggianti.

Inizio veramente ad assaporare l’arrivo. Sono ormai quasi le 2 di notte quando arrivo a Cordigliano da dove ero partito 39 ore prima per affrontare questa sfida titanica.

ARRIVO

CE L’HO FATTA!!!

A quest’ora purtroppo non c’è molta gente ad attendere l’arrivo di noi ultracycler, ma va bene lo stesso 😉

Il mio nuovo amico Michael, arrivato qualche minuto prima di me mi passa una bottiglia di un qualche spumante e brindiamo, brindiamo e brindiamo ancora all’impresa che abbiamo appena concluso…brindiamo con i nostri team che sono stati determinanti…non so se ho fatto più fatica io oppure loro…no…ho fatto più fatica io 😉 ma loro sono stati fondamentali ed eccezionali nello stare svegli per 2 giorni consecutivi, nello star star dietro a tutte le mie richieste, nel trattarmi come un big arrivando addirittura a vestirmi quando io non ne ero più in grado.

GRAZIE

Che avventura!

ultracycling dolomitica

ultracycling dolomitica

ULTRACYCLING DOLOMITICA….fase 1 – i preparativi!!!

Personale resoconto dell’Ultracycling Dolomitica

Eccomi di nuovo qui a buttar giù in digitale i miei ricordi a distanza di qualche mese da questa prova estrema.

Dopo il giro delle Repubbliche Marinare pensavo di essere ormai sazio di avventure estreme in bicicletta ma, come si dice, l’appetito vien mangiando ed un giorno navigando nello sconfinato mare del web mi imbatto in quella che viene definita “la più dura ultracycling al mondo!”.

Non so se veramente è la più dura al mondo perchè è stata la mia prima ultracycling ma ad detta di chi invece ne ha già fatte parecchie sembrerebbe di sì…o almeno è sicuramente la più dura in Europa.

Ma cos’è un’ultracycling? Si tratta di una gara, sì perchè qui c’è una classifica, di ultradistanza NO-STOP che di regola supera i 500 km e le 24h. La principale differenza rispetto ad una “unsupported adventure race” è l’obbligo di avere il team al seguito che segue e supporta l’atleta lungo tutto il percorso. Per cui il ciclista non deve far “altro” (come se fosse semplice) che pedalare e visto che si ha la bici “scarica”…pedalare forte perchè il tempo massimo è sempre molto “stretto”.

La regina di tutte le ultracycling è naturalmente la famosissima Race Across America che attraversa totalmente l’america in un cost to cost di 5000 km da affrontare in un tempo massimo di 12 giorni.

L’Ultracycling Dolomitica non è estremamente lunga, in fondo si tratta di 585 km, ma ha un dislivello I M P R E S S I O N A N T E !!!

Si tratta di superare 16 passi dolomitici per un totale di 16.000 m. di dislivello…con una media di oltre 3.000 m di dislivello ogni 100 km. Tutto questo è MOSTRUOSO!

Per affrontarla bisogna avere una preparazione stratosferica (almeno 20000 km percorsi nell’anno) e non bisogna lasciare nulla al caso e giustamente io, con soli 7000 km nelle gambe e nessuna esperienza di ultracyng, mi butto incoscientemente in questa gara titanica!

Amo la salita, amo le Dolomiti, amo le sfide, amo ricercare il limite del mio fisico…come potevo non decidere di partire??!!!

Mi iscrivo, giusto un paio di mesi prima del via…

1° obiettivo: cercare di prepararmi al meglio per le scalate

2° obiettivo: trovare almeno 2 matti che mi accompagnino in quest’avventura diventando, come si dice in termine tecnico, la mia CREW.

Il primo obiettivo bene o male lo raggiungo allenandomi abbastanza bene in quel poco tempo che mi restava su ciò che mi piace di più…la salita, mentre per quanto riguarda la crew 2 miei amici si fanno avanti offrendosi per accompagnarmi nell’impresa…grazie di cuore a Eros e Gianni!